Una recente indagine scientifica ha evidenziato che il consumo moderato di caffeina, in particolare attraverso bevande come il caffè e il tè, potrebbe essere associato a una riduzione del rischio di sviluppare malattie cardiometaboliche, come l’ictus e il diabete.
Il caffè abbassa del 50% il rischio di ictus, infarti e diabete, ma a patto di non superare questa dose | Lo dice questo studio!
Buone notizie per chi ama caffè e tè: un recente studio ha evidenziato una correlazione tra il consumo moderato di caffeina e una diminuzione del rischio di sviluppare varie patologie cardiometaboliche, tra cui il diabete di tipo 2, l’ictus e la malattia coronarica.
Lo studio, pubblicato nel Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, ha rivelato che coloro che consumavano circa tre tazze di caffè o tè al giorno mostravano una riduzione del 48% del rischio di sviluppare due o più malattie cardiometaboliche rispetto a chi ne beveva meno di una tazza al giorno.
Ma in che modo la caffeina influisce sulla salute cardiometabolica? E questo significa che dovremmo aumentare la nostra dose quotidiana di caffè? Ecco cosa dicono gli esperti al riguardo.
Lo studio sugli effetti della caffeina
Per comprendere l’impatto della caffeina sulla salute cardiometabolica, i ricercatori hanno esaminato le abitudini di consumo di caffeina di circa 360.000 persone, di età compresa tra i 37 e i 73 anni, partecipanti alla UK Biobank, un ampio studio longitudinale che raccoglie dati sanitari anonimi. Questi partecipanti avevano completato questionari riguardanti il loro consumo di caffeina, senza precedenti di malattie cardiometaboliche all’inizio della ricerca. L’analisi si è concentrata su quanto caffeina consumassero i partecipanti e su eventuali sviluppi di patologie cardiometaboliche nel tempo.
Dai dati raccolti è emerso che coloro che assumevano tra i 200 e i 300 milligrammi (mg) di caffeina al giorno avevano un rischio inferiore di sviluppare malattie cardiometaboliche rispetto a coloro che ne consumavano meno di 100 mg al giorno. In particolare, i bevitori di caffè hanno mostrato il maggior beneficio, con una riduzione del rischio di circa il 50%. Anche chi consumava sia caffè che tè ha registrato un rischio ridotto, di circa il 40%.
Inoltre, è stato osservato che per il 4% dei partecipanti che assumevano più di 400 mg di caffeina al giorno, proveniente da caffè, tè o entrambi, non si sono rilevati effetti negativi sulla salute cardiometabolica.
Nonostante i meccanismi esatti non siano ancora del tutto chiari, i ricercatori ipotizzano che una moderata quantità di caffeina quotidiana possa influire positivamente regolando i livelli di alcuni metaboliti, composti che si formano quando il corpo scompone alimenti e bevande, e che sono collegati a patologie cardiometaboliche, come alcuni tipi di lipidi.
Gli studiosi hanno tuttavia evidenziato alcuni limiti dello studio. Per esempio, la ricerca si è concentrata sulla caffeina presente in caffè e tè, escludendo altre fonti come bevande gassate o energetiche. Inoltre, lo studio ha individuato una correlazione tra il consumo moderato di caffeina e un rischio ridotto di malattie cardiometaboliche, ma non ha dimostrato un nesso causale diretto.
Quando le quantità di caffè sono eccessive?
Secondo gli esperti, se bevi da una a tre tazze di caffè al giorno e non riscontri effetti collaterali come palpitazioni o reflusso acido, ci sono buone ragioni per mantenere questa abitudine. È però importante considerare anche gli ingredienti aggiuntivi, come zucchero, dolcificanti artificiali o panna montata, che possono aumentare l’apporto calorico e contribuire al rischio di sviluppare patologie cardiometaboliche.
Va comunque sottolineato che un eccesso di caffeina, anche per chi ne è abituato, può causare effetti indesiderati. Una tazza di caffè standard contiene circa 100 mg di caffeina, mentre un espresso ne ha circa 63 mg. Le bevande a base di espresso, soprattutto quelle più grandi servite nei bar, possono contenere fino a quattro volte questa quantità, esponendo così il consumatore a potenziali effetti negativi.
Fonte: The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism